venerdì 19 febbraio 2016

Come saranno le scuole di domani?

Un articolo di Wired di circa un anno fa riportava un dato poco incoraggiante sulle scuole italiane: infatti, secondo un sondaggio presentato dalla OCSE, gli studenti italiani risultano tra i più infelici in Europa, e non solo per gli scarsi risultati didattici, ma anche per gli indici di scarsa motivazione e per l'alta percentuale di casi di abbandono.



Tipica aula degli anni '50 e '60-. 
Le ragioni di questo insuccesso sono molteplici e se si crede che miglioramenti in campo architettonico, quali quelli legati alle migliorie tecnologiche (controllo acustico, termo-igrometrico, ecc.)  o quello legato all'eco-sostenibilità, possano essere sufficienti a fornire una risposta soddisfacente alla esigenza di cambiamento, si sta navigando ancora in acque alte. 

Ciò che viene principalmente messo sotto accusa è il modello pedagogico :il metodo della lezione frontale è definitamente morto ed è necessaria una rivoluzione delle configurazioni  spaziali. Qualora venissero proposte nuove aule tecnologiche e digitalizzate per una scolaresca omogenea di circa 20 ragazzi, i risultati sul rendimento non sarebbero migliori. Flessibilità, mobilità, adattabilità sono le nuove parole d'ordine e questo non solo per rispondere alla "diversità" del processo cognitivo, ma anche all'individualità dello sviluppo emozionale. 
http://www.designindaba.com/articles/creative-work/these-classrooms-are-designed-help-children-adhd-focus
Sedute per ragazzi affetti da ADHD - designer Lior Ben-Sheetrit -  Photo by Roi Mizrahi/Xnet

Fondamentale a questo riguardo è anche l'elemento luce, la cui efficienza fotonica assume un ruolo secondario rispetto  a quella circadiana. Se è vero che l'uomo è un orologio biologico che funziona al meglio quando i ritmi della sua giornata seguono l'evoluzione della   luce naturale, questo implica che l'organizzazione delle attività didattiche tengano conto di questo.
L'essere umano è predisposto all'attenzione e alla  concentrazione nelle ore mattutine , quando la luce passa dal giallo al blu (che solo il cielo ci offre in modo adeguato),  ed affronta l'esercizio fisico in modo ottimale con la luce pomeridiana. Esperimenti scientifici provano che un distacco da questo ritmo può causare  depressione e addirittura malattie irreversibili: come non tenere conto di questo aspetto quando si deve progettare un'edificio della formazione?

Fondamentale la Ricreazione all'aperto.
Fornire ai ragazzi un supporto allo sviluppo delle capacità cognitive, percettive  ed emotive è prioritario rispetto al nozionismo puro; è veramente strano come questa logica sia ben applicata al protocollo delle scuole della prima infanzia e dell'età prescolare, per poi essere bruscamente interrotta per le fasi scolari successive. I bambini, almeno quelli più fortunati che hanno potuto frequentare la scuola dai primi anni di vita, vengono improvvisamente catapultati, all'età di sei anni, da una ambientazione attenta ai processi interattivi, ad una asettica scatola rettangolare che, nel migliore dei casi, risulta dotata di una "inorgogliente" lavagna multimediale. Eppure è ben risaputo che lo sviluppo di molte facoltà mentali, oltre che  fisiche, si conclude solo con l'adolescenza (per esempio lo sviluppo del senso dell'orientamento si conclude a 12 anni). 
Insomma, progettare una scuola oggi rappresenta una vera e propria sfida sia per la ricchezza dell'agenda, sia per l'interdisciplinarità delle competenze da coinvolgere, sia per il continuo e progressivo aggiornamento della letteratura di riferimento, cose che rendono impossibile l'adozione di uno schema o modello già esistente.


Il concorso di idee che il Ministero dell'Istruzione bandirà a breve, attraverso un fondo apposito messo a disposizione da Inail, sembra interpretare questa nuova esigenza di realizzare innovativi ambienti di apprendimento: speriamo che gli architetti accetteranno la sfida e dimostreranno di essere all'altezza.


venerdì 5 febbraio 2016

Non solo"smart".Per una città antropocentrica

Non solo"smart".Per una città antropocentrica







Quando si dice "Smart City" l'idea immediatamente associata è quella di una metropoli densa, digitalizzata, interconnessa, efficiente soprattutto per l'ottimizzazione dei consumi energetici e l'informazione condivisa in tempo reale. Il tutto è al servizio delle istituzioni, delle aziende e, in ultimo, del privato cittadino. Tralasciando la questione su quanto questo sia vero sulla carta e quanto nella realtà, c'è da osservare che il modello "intelligente" trascura quello che dovrebbe essere il principale obiettivo della pianificazione territoriale: il benessere spirituale e sociale, nonché intellettuale, del cittadino. L'agglomerato, sia esso urbano che rurale, è espressione e testimonianza della cultura di un luogo, e, in quanto tale, detiene la responsabilità di  gestire e governare una vita sociale salubre, attraverso l'espressione di valori etici e spirituali  che si esprimono con segni, suoni, odori. 


Montreal - Luminoterapia  (via  www.landarchs.com)
Per avere un'idea dell'importanza che un singolo segnale può avere sulla nostra mente consideriamo, da sola, l' esperienza visiva. Un qualunque elemento  che si incontra lungo un percorso viario viene sottoposto a una duplice interpretazione e codificazione: quella della visione centrale, che interpreta il suo significato intrinseco, e quella della visione periferica che lo colloca in un contesto scenico e lo carica di significati aggiunti fatti di ambientazione e eventi correlati. Damasio(1) sovrappone a questo doppio momento percettivo l'emozione primaria  - di natura primitiva -  e quella secondaria, di livello superiore, con la quale si forma la "sensazione" che caratterizza le nostre esperienze di vita e che quindi definisce i nostri comportamenti.
Questa semplice considerazione fatta solo sulla esperienza visiva ci fa capire l'importanza che un determinato contesto urbano può avere  sulla caratterizzazione di un gruppo, di un popolo.  

Se consideriamo il fatto che l'esperienza di noi umani è sempre multisensoriale, si intuisce che la responsabilità che ci investe nella definizione degli spazi urbani è enorme, nonostante si  stimi che impieghiamo mediamente solo il 10% della nostra giornata negli spazi esterni. E se è vero che la complessità che pervade le metropoli apre a problemi di carattere pratico e numerico, come la gestione dei flussi e la distribuzione dei beni, è necessario anche adoperare strategie del design urbano per migliorare il benessere psicofisico dell'individui, prevedendo e definendo un "mentalscape" (2) positivo.


SouthBank arbour Brisbane (via landarch.com)
L'essere umano è il prodotto dell'interazione con il territorio in cui cresce e vive: con esso egli stabilisce un rapporto simbiotico che lo trasforma costantemente con effetti nei tempi  brevi, medi e lunghi. Creare le condizioni ideali che evitino l'insorgere di fattori stressanti e che possano migliorare le nostre capacità intellettive è possibile strumentalizzando le numerose variabili che caratterizzano il luogo. Tracciati viari di facile decodificazione, facciate di edifici che considerino la loro potenzialità espressiva, aree verdi, installazioni artistiche, sono tutte occasioni per offrire esperienze rigeneranti.
Una città in armonia con il nostro benessere mentale può strumentalizzare i suoi elementi per offrire una positiva esperienza estetica: il passeggio lungo le strade, l'accesso ai mezzi di trasporto, le pause e le soste,che venga fatto in modo consapevole o non, possono diventare delle vere e proprie  pratiche contemplative che ci aiutano a vincere le ansie, a gestire lo stress, a modulare le emozioni, a migliorare le nostre capacità intellettive.

Giuseppina Ascione


Note:
(1Antonio R. Damasio, L'errore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano, Adelphi, 1995
(2)   Marteen Jacobs, The production of mindscapes: a comprehensive theory of landscape experience, 2006