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"Vorrei aggiungere il mio punto di vista, personale ed emotivo, che vede l'architettura e i suoi dettagli, in qualche modo, essere parte della biologia." (Alvar Aalto)
martedì 29 marzo 2016
lunedì 14 marzo 2016
Una risposta per Gropius: There will be a science of Design (*)
C'è un frenetico turbinio di iniziative sul tema del design e
sulla linea di sviluppo che esso dovrà percorrere. Conferenze, eventi celebrativi e bandi di gara si propongo quasi in simultanea e spesso ignorandosi fra di loro: essi provocano una sorta di dispersione energetica
che a volte intralcia la collaborazione tra le diverse discipline, o tra i vari gruppi
di lavoro interdisciplinari, forse perché si lavora per
evidenziare i punti di divergenza piuttosto che quelli di contatto, forse perchè c'è ancora confusione su quali debbano essere i riferimenti scientifici.
Tra gli appuntamenti del primo semestre di quest'anno troviamo Londra, dove si è da poco conclusa Conscious Cities, mentre a San Diego l'ANFA apre a nuovi studi di ricerca da presentare alla International Conference del prossimo settembre. Seattle sarà presto sede di una summit che sigilla un connubio tra il Living
Building Challenge e l'istituto di ricerca Terrapin, baluardo del design biofilico, proprio mentre Rick Fedrizzi, forse cosciente dei limiti che i crediti LEED presentano sulla salvaguardia del benessere dell'utenza, apre le porte al WELL Building Standard.
Esistono poi altre iniziative di ricerca globale e trasversale, quale il
progetto di neuroarchitettura ROOMS (lo IUAV tra i suoi principali partners) che cerca di superare
gli ostacoli economici e burocratici di una partecipazione aperta a tutti ricorrendo ad un modello originale di crowdfunding.
Quello che emerge da questo fenomeno è la necessità di effettuare un cambio
di marcia nel mondo della progettazione e dello stesso modo di fare ricerca. Quest'ultima non è più prerogativa
unica delle accademie, ma inizia ad essere fagocitata dal mondo imprenditoriale e dal suo appetito per investimenti intelligenti che abbiano fini
"etici" piuttosto che puramente di profitto. La ricerca è
disorientata e allo stesso tempo crea disorientamento in coloro che finora hanno trovato un riferimento fermo e sicuro.
Le università hanno capito bene
che aria tira e, pur cercando di adeguarsi, procedono con andatura da elefante per il timore di
contaminarsi e perdere la propria identità e purezza.
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Journal of Design And Science |
Ed ecco che arriva l'onda rivoluzionaria, in realtà già in atto da
qualche anno, attualmente cavalcata dal MIT di Boston con il suo"
Journal Of Design and Science" (fondato già nel 1985), con l'idea di
cambiare radicalmente il modo di legittimare la ricerca. Un 'apertura
più democratica al confronto scientifico che si basa sul "peer to peer review",
cioè che si svincola dall'analisi lenta e cattedratica degli anonimi revisori nominati di
volta in volta (peer review), ma si espone alle modifiche di chiunque creda di avere qualcosa di interessante
da dire.
C'è il rischio di una banalizzazione dei problemi affrontati, oppure siamo
di fronte l'opportunità di ascoltare validi
opinioni da chi è rimasto tagliato fuori
dal confronto a causa di un sistema arrugginito e anche , a volte,
corrotto ?
Nel campo del design (dando per scontato che si tratti già di
progettazione sostenibile e umano-centrica), tale atteggiamento inclusivo è
assolutamente necessario oltre che auspicabile. Un "antidisciplinarità" contro la
interdisciplinarità, per usare le stesse parole di Jui Ito, direttore del MIT Media Lab, può essere la giusta via per poter coinvolgere
simultaneamente attori importanti di
diversa estrazione culturale, i quali finalmente uscirebbero dall'ombra della critica
sterile o dell'intervento postumo e per questo vano. Perché mai escludere categorie
che sappiamo bene essere importanti contribuenti nella modellazione e caratterizzazione
dei nostri ambienti quali gli psicologi, filosofi, artisti ?
NOTE:
(*) Si fa riferimento al post di gennaio
Finally Gropius will get an answer: (*) Yes, There is a science of design!
There is a frantic activity going on over new guidelines to design quality buildings and urban spaces. Events, conferences, grants are arranged almost simultaneously and often ignoring each other, causing a kind of energy loss that sometimes hinders the collaboration between different disciplines or between interdisciplinary teams. It seems they tend to highlight diverging points instead of take advatage of the common fields, maybe because there is still confusion about which scientific references should be engaged.
Just in the first half of this year there are London, where he has just finished Conscious Cities, San Diego, where the ANFA opens to new research studies to be presented at its International Conference next September. Seattle will soon be home of a summit that seals a marriage between Living Building Challenge and the research institute Terrapin, center of Biophilic Design, and in the meanwhile Rick Fedrizzi, perhaps conscious of the limits that LEED credits may have over occupant's wellness within a buiding, opens the door to the WELL Building Standard.
There are also other research initiatives, among which the neuroarchitecture research "ROOMS" (IUAV among its main partners), that may be considered a "global" and "diagonal" initiative . Rooms tries to overcome economic and bureaucratic obstacles through an original model of crowdfunding that allows everybody (designers and users) to be involved in the investigation.
What emerges from this phenomenon is the need to perform a change of gear in the world of design and its own way of doing research. Research no longer dwell within the walls of Accademy, but begins to be swallowed up by the business world and its appetite for smart investments, whose purpose is "ethical" rather than purely about profit. It is disoriented, and at the same time creates disorientation in those who have so far considered it a firm and safe reference in research. Universities have got the feeling of a new wave coming, although most of them, expecially in Europe, are trying to adapt and proceed with elephantine pace, worried of contamination and identity change.
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Journal of Design and Science |
Very breaking news are those about the the MIT media "Journal Of Design and Science" who have announced to engage a radical new way to lead and legitimize research - actually already adopted by other minor journals- through a more democratic framework that is based on the "pier to pier review". This framework bypasses the traditional, anonimous and slow procedure (peer review) and opens to anyone who believes having something interesting to say.
Is there a risk for trivialization of the problem, or are we facing the opportunity to give voice to whom has been cut off from the dialogue due to dated and obsolete system?
Is there a risk for trivialization of the problem, or are we facing the opportunity to give voice to whom has been cut off from the dialogue due to dated and obsolete system?
This inclusive attitude in the design research (we give for granted an estabilished sustainable/human-centered design), is required and absolutely beneficial. A "antidisciplinarity" against interdisciplinarity, just to quote Jui Ito, director of the MIT Media Lab, can be the right answer to involve key actors from different cultural backgrounds, who finally can show up and leave behind their sterile criticism of posthumous and useless interventions.
Why should we exclude categories that we know having an important role in modeling our environments, such as psychologists, philosophers, artists ?
Giuseppina Ascione
NOTE:
(*) It refers to a previous post ( italian only)
venerdì 4 marzo 2016
Verde o Blu: che colore ha la nostra anima?
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Foto di Nicola De Pisapia |
Ma quando si cerca di spiegare il perché di questa nostra propensione, l'unica risposta ci viene fornita dall'ipotesi biofilica. Tale ipotesi, che rimane tale, parte dal concetto che gli esseri umani siano geneticamente predisposti a sentirsi affiliati alla natura perché è in essa che si sono evoluti nel lungo tempo trascorso dalla loro comparsa. Gli ultimi 10.000 anni di progresso civile, con conseguente antropizzazione dell'habitat, nulla possono contro l'influenza dominante dei milioni di anni vissuti da semplice animale superiore in continua lotta per la sopravvivenza.
Anche quando i ricercatori hanno messo a confronto i ruoli che hanno i diversi tipi di capitale (umano, sociale, materiale e naturale) sulla valutazione del proprio livello di benessere, ne è risultato che è sempre il capitale naturale a vincere su tutti.
Ma qual è l'ambiente naturale a cui si fa riferimento ? Inaspettatamente, nonostante "green" sia l'appellativo più usato per le diverse iniziative ambientaliste ed ecosostenibili, il paesaggio acquatico vince alla grande il confronto con il paesaggio verde dei boschi o delle praterie.
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Copertina libro |
Il mare, ma anche i laghi ed i fiumi, ci offrono occasioni di interazione che coinvolgono tutti i nostri sensi: l'effetto "sparkling" dei riflessi dell'acqua in movimento, il rumore "rosa" delle onde, la possibilità di toccare l'acqua e rinfrescarsi, l'assenza/presenza di odori e sapori, ci pongono di fronte ad una esperienza ricca come nessun'altra.
Un tuffo nell'acqua ci dà la possibilità di vivere l'elemento da ogni punto di vista - da sopra e da sotto - e, soprattutto, cambia la percezione del nostro corpo e del suo peso. Infine, più importante di tutti, lo specchio d'acqua ci restituisce la luce blu del cielo, elemento fondamentale per il corretto funzionamento del nostro metabolismo.
La multisensorialità è un aspetto importantissimo della nostra vita: ogni esperienza è un orchestra di sollecitazioni dei diversi sensi, anche quando non ce ne accorgiamo. Sarebbe difficile avere una giusta ed identica percezione di un fenomeno se improvvisamente venisse a mancarci un senso. Il grado di piacevolezza di una situazione mentale e fisica non dipende solo dalla qualità delle sollecitazioni, ma soprattutto dalla loro armonia e dalla ricchezza del coinvolgimento sensoriale: in questo l'acqua ci offre un'esperienza unica.
L'associazione dell'acqua al colore blu fa sì poi che la preferenza ricada anche su questo colore piuttosto che su quello verde "concorrente". Gli uomini tutti, sia di genere maschile che femminile, preferiscono il colore blu, anche se esso è raramente presente in natura viva: sono pochi i fiori blu, specialmente se si esclude la sfumatura del violetto, e tra gli animali si contano per lo più farfalle e qualche uccello.
Nonostante il colore blu possa a volte assumere un significato macabro, poichè collegato all'idea di un corpo senza vita, è l'idea di bello, pulito e calmo, strettamente collegato all'acqua, ad essergli generalmente attribuita.
Guai, però, a tradire quest'aspettativa: l'acqua deve essere blu, o al massimo avvicinarsi ad alcune gradazioni di verde, e mai presentare rifiuti o altre tracce di inquinamento. Gli effetti negativi a livello psicologico sarebbero enormi, poichè verrebbero annullati, se non ribaltati, gli effetti rigeneranti che i paesaggi d'acqua generalmente offrono.(1)
Ma questo, si sa, vale anche in molti altri casi.
Giuseppina Ascione
Giuseppina Ascione
NOTE
(1) K. J. Wyles, S. Pahl, K.Thomas, R.C. Thompson
Factors That Can Undermine the Psychological Benefits of Coastal Environments. Exploring the Effect of Tidal State, Presence, and Type of Litter. Environment and Behavior, July 3, 2015
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