giovedì 28 aprile 2016

"Floating" break: 20 minuti di ricarica.


Le nuove conoscenze acquisite in campo neurofisiologico hanno aperto la strada ad un modo tutto nuovo di concepire la cura di se stessi, intesa ormai non solo al  miglioramento delle  qualità estetiche e delle performance  fisiche.  L'Edonismo  degli anni  '80 è ormai lontanissimo e la celebrazione della bellezza fine a se stessa batte gli ultimi colpi, poiché sembra essere assorbita all'interno di una nuova visione della cura del sé, quella che  mira soprattutto allo empowerment, cioè ad un miglioramento delle proprie capacità emotive e cognitive. Attualmente l'uomo è alla ricerca di un equilibrio interiore, di un'approccio integrato per la risoluzione  delle situazioni stressanti, e di conseguenza luoghi come le spa, le palestre ed i centri estetici di vecchia concezione vedono una nuova opportunità di trasformazione e sviluppo futuri.
Foto  di Francesco Moretti 
A che pro sperare di diventare più belli e prestanti se poi la vita ci trova impreparati e deboli ad affrontare le sfide sociali e emotive?  Tale richiamo è avvertito da tutte le categorie sociali : lavoratori, pensionati, studenti.
Si tratta di un fenomeno molto simile a quello che si sta  verificando nel mondo della progettazione architettonica, dove i facili consensi per le forme libere e trasgressive delle archi-star lasciano il posto al crescente apprezzamento verso una nuova funzionalità, che pone il benessere psicologico e fisico dell'occupante al primo posto rispetto ai virtuosismi di stile.
Assistiamo quindi ad una trasformazione dei servizi dedicati alla salute del corpo per l'adeguamento alla nuova utenza che riconosce l'imprescindibilità del benessere fisico da quello sociale, mentale e spirituale.

Questo spiega il successo del lancio, al Salone del Mobile 2016 , di un nuovo prodotto, che pur destinato alle Spa ed ai centri di Bellezza e Benessere tradizionali, si presenta come una integrazione di idee innovative tali da poter rivoluzionare l'organizzazione del quotidianità in diversi contesti.
Zero Body (prodotto da Starpool S.r.l.) è il nome di un lettino per il rilassamento sfrutta gli effetti benefici del galleggiamento legati alla deprivazione sensoriale e che sono ormai noti in letteratura scientifica. Negli Stati Uniti sono già numerosi i centri che offrono servizi simili a questo, ed ogni anno la città di Portland ospita la "Float Conference" per promuovere la pratica e favorire la formazione di una grande comunità fatta di ricercatori, produttori e gestori dei centri dedicati. 

Gli effetti del galleggiamento consistono in una risposta di rilassamento, e cioè una maggiore attivazione del sistema nervoso parasimpatico: il ritmo cardiaco diminuisce, la pressione arteriosa diminuisce, il ritmo respiratorio rallenta, e a catena una serie di altri effetti che sono diametralmente opposti a quelli indotti dalla risposta da stress, che attiva maggiormente il sistema nervoso simpatico. Le condizioni favorevoli indotte pertanto dal galleggiamento e dalla attenuazione della stimolazione sensoriale, attraverso anche una illuminazione adeguata, favoriscono l’induzione di stati mentali contemplativi, quali la mindfulness. Tutto ciò viene facilitato con l'offerta congiunta di un'applicazione/guida ( Nu Relax - prodotto da Neocogita S.r.l.), la quale aiuta a scegliere e a seguire, passo passo, i diversi percorsi meditativi. A seconda delle esigenze personali si può optare per un percorso che favorisce uno stato di completa calma o di stabilità,  oppure ci si può predisporre ad uno stato mentale creativo e brillante.

Il design è semplice ed essenziale: il materasso ad acqua è riempito in modo da neutralizzare  al massimo la sensazione del proprio peso, per simulare appunto la sensazione di galleggiamento. Inoltre la differenza di temperatura tra il proprio corpo e l'elemento di appoggio viene quasi annullata per ridurre al minimo la percezione del proprio corpo e migliorare  l'efficacia a livello neurofisiologico. Si evita pertanto il contatto diretto del corpo con l'acqua, con conseguente vantaggio di consentire questa  pratica rilassante in diversi contesti, anche quelli lavorativi,  in cui il fattore tempo è molto importante.
Non sottovalutiamo le conseguenze sociali che la  tendenza di tale pratica potrebbe avere in futuro, specialmente se il servizio si apre indistintamente a tutti (si pensi ad uffici, edifici istituzionali, che mettano questo servizio a disposizione dello proprio organico). Si ritornerebbe al vecchio concetto delle terme romane. e cioè di luogo pubblico che offre a chiunque impianti igienico-sanitari  di ultima generazione.

sabato 2 aprile 2016

Gaming Architecture for Neuroscience (ita)

Gamification* come soluzione per integrare le neuroscienze con le altre discipline architettoniche ? 


La notizia della morte di Zaha Hadid che giunge poco dopo la cancellazione del suo progetto per le Olimpiadi di Tokyo, e dopo la dichiarazione del presidente cinese Xi Jinping sul non voler più promuovere "architettura strana",credo segni la fine di un'era. Il pragmatismo prenderà nuovamente piede e soppianterà la forza immaginativa e innovativa liberata dalla rivoluzione digitale. Credo che le  ambizioni in questo  periodo siano (stati) molto positivi ed in una certa misura siano riusciti ad inspirare le persone attraverso spazi sorprendenti.
  
Zaha Hadid - Terminal di Daxing (Immagine by Deezen)
Ho condiviso questa ambizione. Quando lavoravo al mia tesi di  laurea ho manifestato questa mia  ingenua ambizione con le seguenti parole: "Gli ambienti che creo saranno spazi del cambiamento, sedi di scoperte scientifiche, luoghi in cui le persone si innamorano, luoghi dove grandi organizzazioni nascono e imploranti cause vengono perorate. Voglio creare luoghi dove le leggi di Newton sono insegnati agli Einstein del futuro e dove venga celebrata la formula e = mc2".
Questa affermazione mi ricorda la call ambiziosa di Giuseppina Ascione per un approccio equilibrato alla progettazione che utilizza i principi umano-centrici della progettazione (HCD). 
Ora siedo in un posto dove è facile perdersi in minuzie e  dimenticare quelle che erano le mie motivazioni originali.
La sovrapposizione tra neuroscienze e l'architettura riapre adesso un piccolo scorcio sulla mia ambizione iniziale. Credo che le questioni circa la logistica o la collaborazione neuroscienze/architettura facciano ormai parte del pensiero di professionisti e studiosi di tutto il mondo e rendano possibile  raggiungere tale traguardo.

Spesso si verifica che più sono gli esperti coinvolti  in un processo , ​​più questo diventa inefficiente. Eppure, essendo io amante della complessità, immagino che il cliente perfetto sia quello disposto a riunire gli esperti di molte discipline, per cogliere le diverse sfumature e raggiungere la magnificenza: gli UX designer, gli ingegneri ergonomici, i designer industriali, gli storici, i pianificatori, gli urbanisti, gli artisti, gli esperti di Feng Shui, i neurofisiologi, ecc.. 
Tuttavia una tale complessità richiederebbe un enorme sforzo da parte della burocrazia governativa per potere stare al passo. Facilmente ci si troverebbe di fronte a progetti senza fine, o che non realizzano fedelmente le  idee iniziali, ( eventualmente con un aumento del loro costo). Un approccio diverso potrebbe essere proposto attraverso una sorta di gamification(1) ed un’analisi  dei problemi che si svolga attraverso un confronto alla pari tra diversi attori . Può la gamification essere una soluzione progettuale che ci permette di integrare le neuroscienze nelle discipline del design ?
La gamification presenta in sé implicazioni neurologiche che possono favorire e aumentare la produttività tra soggetti e dei soggetti. Un articolo dal Pew Research Center di Anderson e Rainie del 2012 racconta: "… i neuroscienziati stanno scoprendo sempre di più sui modi in cui gli esseri umani reagiscono a tali metodi di design interattivo. Si dice che tali interazioni causino reazioni chimiche che ci fanno sentire bene e alterano le nostre risposte agli stimoli migliorando i tempi di reazione, per esempio,  e in certe situazioni addirittura l'apprendimento, la partecipazione e la motivazione". 
Questo migliora ulteriormente la nostra possibilità di includere esperti nel processo di  progettazione.




Considerate la scoperta, da parte di ricercatori presso l'Università di Washington, così come riporta il lor articolo: "una ricerca crowd-sourced ha svelato il  mistero di come una proteina chiave può aiutare a curare l'HIV. Il gioco ha attirato 46.000 partecipanti che hanno impiegato solo 10 giorni per risolvere un problema che gli scienziati stavano studiando da 15 anni.". Aggregare diverse competenze in una rete peer-to-peer(2) consente di ben ponderare il problema e di giungere ad una soluzione con maggiore 'efficienza e sulla base di maggiori informazioni.

Questo può diventare un ottimo strumento per aprire la partecipazione a molti e consentire il contributo da parte delle migliori  competenze in campo progettuale. Esistono già esempi che adottano questo metodo soprattutto nel settore dell'ingegneria con squadre basate sul crowdsourcing che stanno affrontando sfide sempre più grandi. Non mancano esempi anche all'interno della comunità dei designer : organizzazioni come Architecture for Humanity oppure la neonata Open Architecture Collaborative rappresentano un sistema di esperti basato sul  peer to peer. Il passo successivo sarà quello di coinvolgere le comunità interdisciplinari per affrontare sfide di progettazione in modo iterativo che possano venire fuori con proposte risolutive prima inconcepibili. 
In conclusione possiamo pensare di riconsiderare tutte le  problematiche legate alla progettazione  che in questi ultimi due millenni hanno atteso di avere risposte,  e che alla luce di queste nuove metodologie, quali appunto il gamification ed il  peer-to-peer”, possiamo finalmente concepire una progettazione architettonica integrata, capace di riunire tutte le competenze nuove, neuro scientifiche e non solo,  necessarie per creare spazi di qualità. 
Ralph S. Steenblik
NOTE: 
(*)(1)  l'utilizzo di elementi mutuati dai giochi e delle tecniche di game design in contesti esterni ai giochi
per diffondere informazioni (educare- promuovere)
(2)     Rete di partecipazione e condivisione dati di ricerca di tipo paritario, non gerarchizzato 

venerdì 1 aprile 2016

Gaming Architecture for Neuroscience (en)


Can gamification be a design solution that allows us to integrate neuroscience into the design disciplines?

by R.S.Steenblik


With the death of Zaha Hadid, her canceled proposal for the Tokyo Olympics, and the announcement by Chinese president Xi Jinping of “no more weird architecture”, I believe we are at the end of an era. Pragmatism is regaining its footing after the digital revolution has allowed imaginations and buildings to run wild. I believe that there were good ambitions at the heart of such an era. To some degree those ambitions were successful in accomplishing at least part of what it set out to accomplish: inspire people through amazing spaces.




Image by Deezen 
I share that ambition. When I was working on my bachelors degree I wrote a somewhat naive ambition: "the environments that I create will be spaces of change for the better. Places where scientific discoveries happen, places where people fall in love, places where great organizations are created, and causes identified and championed. I want to create the places where the next Einstein is taught Newton’s Laws. Where his E=mc2 is epiphanized." This statement reminds me of Giuseppina Ascione’s ambitious call for a balanced approach to designing using principles of Human Centered Design. From where I sit now, it is easy to get lost in the minutia and to forget what my original motivations were. The overlap between neuroscience and architecture provides a small glimpse back into my initial ambition. In order to get there, I believe that questions about the logistics or the process of a neuroscience / architecture collaboration are on the minds of thinkers and practitioners around the world.


Often, the more experts that are involved the more inefficient the process becomes. Yet as a person who appreciates complexity, I imagine the perfect client who would be willing to bring experts on from many disciplines to capture the nuances from each background to achieve magnificence: All the standard architectural consultants plus and UX designer, human dynamics engineer, ergonomics engineer, industrial designer, Historian, Artists, Neuro/physiological expert, Data scientist, Urban Planner, Feng Shui expert, cyclical ecologist, etc.




Yet such an accumulation might infer that a government agency with all of its bureaucratic processes would have to be behind it. It could easily become a never ending project that doesn't actually do what you had hoped (or possibly at an inflated cost). Another approach might be presenting itself through gamification and peer to peer problem solving. Can gamification be a design solution that allows us to integrate neuroscience into the design disciplines?


Gamification itself has neurological implications which may encourage and escalate human and interhuman productivity. A 2012 article from the Pew Research Center by Anderson and Rainie describes “neuroscientists are discovering more and more about the ways in which humans react to such interactive design elements. They say such elements can cause feel-good chemical reactions, alter human responses to stimuli—increasing reaction times, for instance—and in certain situations can improve learning, participation, and motivation.”  This further enhances our ability to incorporate experts into the design process.

Consider the discovery, by researchers at the University of Washington, of; as the same artivle put it:  “a crowd-sourced discovery of the mystery of how a key protein may help cure HIV. The game drew 46,000 participants whose gameplay took just 10 days to solve a problem scientists had been working on for 15 years.”  Aggregating research expertise in a peer to peer fashion allows for a diverse array of experts to come together, weigh in on a problem, and ultimately come to a much more informed solution with an efficiency increase of an order of magnitude. This may become a more feasible way of actually accessing and harnessing novel expertise for the design disciplines. There is a precedent for this especially within the engineering industry. Disparate crowdsourced teams are tackling larger and larger challenges. There is even some precedent for it within the design community. Organizations such as  Architecture for Humanity or it's recent re-birth off-shoot Open Architecture Collaborative is a true peer to peer collection of experts. The next step is to harness interdisciplinary communities to tackle design challenges iteratively; ultimately coming up with nuanced solutions previously unattainable.


In conclusion, there are twenty-first century solutions to allowing an increased level of integrated problem-solving with a diversifying set of experts. Gamification and peer to peer solutions are among those which I believe hold the most promise for an integration neuroscience and other novel experts within the realm of architecture.

Ralph S.Steenblik