Gamification* come soluzione per integrare le neuroscienze con le altre discipline architettoniche ?
La notizia della morte di Zaha Hadid che
giunge poco dopo la cancellazione del suo progetto per le Olimpiadi di Tokyo, e
dopo la dichiarazione del presidente cinese Xi Jinping sul non voler più
promuovere "architettura strana",credo segni la fine di un'era. Il
pragmatismo prenderà nuovamente piede e soppianterà la forza immaginativa e
innovativa liberata dalla rivoluzione digitale. Credo che le ambizioni in questo periodo siano (stati) molto positivi ed in una
certa misura siano riusciti ad inspirare le persone attraverso spazi
sorprendenti.
Zaha Hadid - Terminal di Daxing (Immagine by Deezen) |
Ho condiviso questa ambizione. Quando lavoravo
al mia tesi di laurea ho manifestato
questa mia ingenua ambizione con le seguenti
parole: "Gli ambienti che creo saranno spazi del cambiamento, sedi di scoperte
scientifiche, luoghi in cui le persone si innamorano, luoghi dove grandi
organizzazioni nascono e imploranti cause vengono perorate. Voglio creare luoghi
dove le leggi di Newton sono insegnati agli Einstein del futuro e dove venga
celebrata la formula e = mc2".
Questa affermazione mi ricorda la call ambiziosa
di Giuseppina Ascione per un approccio equilibrato alla progettazione che
utilizza i principi umano-centrici della
progettazione (HCD).
Ora siedo in un posto dove è facile perdersi in minuzie
e dimenticare quelle che erano le mie
motivazioni originali.
La sovrapposizione tra neuroscienze e
l'architettura riapre adesso un piccolo scorcio sulla mia ambizione iniziale. Credo
che le questioni circa la logistica o la collaborazione neuroscienze/architettura
facciano ormai parte del pensiero di professionisti e studiosi di tutto il
mondo e rendano possibile raggiungere tale
traguardo.
Spesso si verifica che più sono gli esperti
coinvolti in un processo , più questo diventa inefficiente. Eppure,
essendo io amante della complessità, immagino che il cliente perfetto sia
quello disposto a riunire gli esperti di molte discipline, per cogliere le diverse
sfumature e raggiungere la magnificenza: gli UX designer, gli ingegneri
ergonomici, i designer industriali, gli storici, i pianificatori, gli urbanisti,
gli artisti, gli esperti di Feng Shui, i neurofisiologi, ecc..
Tuttavia una tale complessità richiederebbe un enorme sforzo da parte della burocrazia governativa per potere stare al passo. Facilmente ci si troverebbe di fronte a progetti senza fine, o che non realizzano fedelmente le idee iniziali, ( eventualmente con un aumento del loro costo). Un approccio diverso potrebbe essere proposto attraverso una sorta di gamification(1) ed un’analisi dei problemi che si svolga attraverso un confronto alla pari tra diversi attori . Può la gamification essere una soluzione progettuale che ci permette di integrare le neuroscienze nelle discipline del design ?
La gamification presenta in sé implicazioni neurologiche che possono favorire e aumentare la produttività tra soggetti e dei soggetti. Un articolo dal Pew Research Center di Anderson e Rainie del 2012 racconta: "… i neuroscienziati stanno scoprendo sempre di più sui modi in cui gli esseri umani reagiscono a tali metodi di design interattivo. Si dice che tali interazioni causino reazioni chimiche che ci fanno sentire bene e alterano le nostre risposte agli stimoli migliorando i tempi di reazione, per esempio, e in certe situazioni addirittura l'apprendimento, la partecipazione e la motivazione".
Questo migliora ulteriormente
la nostra possibilità di includere esperti nel processo di progettazione.
Considerate la scoperta, da parte di ricercatori
presso l'Università di Washington, così come riporta il lor articolo: "una
ricerca crowd-sourced ha svelato il mistero di come una proteina chiave può
aiutare a curare l'HIV. Il gioco ha attirato 46.000 partecipanti che hanno
impiegato solo 10 giorni per risolvere un problema che gli scienziati stavano studiando da 15 anni.". Aggregare diverse competenze in una rete peer-to-peer(2) consente di ben ponderare il problema e di giungere ad
una soluzione con maggiore 'efficienza e sulla base di maggiori informazioni.
Questo può diventare un ottimo strumento per aprire la partecipazione a molti e consentire il contributo da parte delle migliori competenze in campo progettuale. Esistono già esempi che adottano questo metodo soprattutto nel settore dell'ingegneria con squadre basate sul crowdsourcing che stanno affrontando sfide sempre più grandi. Non mancano esempi anche all'interno della comunità dei designer : organizzazioni come Architecture for Humanity oppure la neonata Open Architecture Collaborative rappresentano un sistema di esperti basato sul peer to peer. Il passo successivo sarà quello di coinvolgere le comunità interdisciplinari per affrontare sfide di progettazione in modo iterativo che possano venire fuori con proposte risolutive prima inconcepibili.
In conclusione possiamo pensare di riconsiderare tutte le problematiche legate alla progettazione che in questi ultimi due millenni hanno atteso di avere risposte, e che alla luce di queste nuove metodologie, quali appunto il gamification ed il peer-to-peer”, possiamo finalmente concepire una progettazione architettonica integrata, capace di riunire tutte le competenze nuove, neuro scientifiche e non solo, necessarie per creare spazi di qualità.
Ralph S. Steenblik
NOTE:
(*)(1) l'utilizzo di elementi mutuati dai giochi e delle tecniche di game design in contesti esterni ai giochiper diffondere informazioni (educare- promuovere)(2) Rete di partecipazione e condivisione dati di ricerca di tipo paritario, non gerarchizzato
Nessun commento:
Posta un commento