"Vorrei aggiungere il mio punto di vista, personale ed emotivo, che vede l'architettura e i suoi dettagli, in qualche modo, essere parte della biologia." (Alvar Aalto)
domenica 12 giugno 2016
venerdì 20 maggio 2016
Gli Spazi Contemplativi: un nuovo approccio alla progettazione (*)
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Pratiche contemplative: arre applicative e tipologie spaziali connesse. Immagine di Giuseppina Ascione |
L’omeostasi (fisiologica) è la capacità del nostro corpo di adattarsi costantemente alle condizioni ambientali circostanti. Questi adattamenti del corpo, necessari per la nostra sopravvivenza, operano attraverso una serie complessa di reazioni metaboliche. Sudiamo quando abbiamo caldo e abbiamo sete quando l'ambiente circostante è troppo secco, e tutto questo per raggiungere equilibri dinamici che richiedono continui cambiamenti. Molto spesso tali cambiamenti avvengo senza che noi ne siamo consapevoli, e solamente nel caso di variazioni improvvise e intense noi avvertiamo la sensazione di sentirci meglio o peggio, a seconda di quanto il nuovo stato di equilibrio risulti benefico o stressante.
Esiste una forte analogia tra il modo in cui la nostra mente ed il nostro corpo reagiscono ai valori alle caratteristiche ambientali ed è per questo importante che i progettisti siano consapevoli del fatto che una specifica scelta di determinati attributi spaziali può determinare altrettanto specifici stati mentali degli occupanti, siano essi di tipo emotivo, cognitivo o relazionale.
Le chiese sono i primi esempi di progettazione che sfruttano parametri fisici per evocare uno stato mentale particolare. Nelle culture cristiane, questi tipi di edifici sono stati costruiti con l'obiettivo di consolidare la fede in un ente superiore e di spingerlo in un atto di dipendenza e umiltà attraverso la manifestazione di riti collettivi.
John P. Eberhard nel suo libro (1) distingue gli "spazi spirituali" dagli "spazi sacri": i primi sono designati a scopi religiosi mentre i secondi cercano esclusivamente di evocare al visitatore sensazioni trascendentali. In entrambi i casi, però, siamo ben lontani da quello che uno stato contemplativo della mente è, vale a dire un’osservazione profonda del proprio stato mentale.
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Sala di preghiera/meditazione all'aeroporto di Monaco. Foto di Giuseppina Ascione |
Ogni attività legata alle diverse destinazioni di uso, siano esse riferiti a scuole, a uffici, a centri commerciali, ecc., richiederebbe uno spazio contemplativo specifico per una specifica pratica di meditazione. La meditazione migliora la qualità della nostra vita non solo perché aiuta a liberarci dai cattivi sentimenti legati allo stress, l’ansia e la depressione, ma è addirittura strumentale al raggiungimento o miglioramento delle competenze specifiche richieste. Una breve pausa dedicata alla cura della propria persona, e che non sia solo di tipo fisico, può aiutare nel lavoro a rigenerarsi mentalmente e aumentare la creatività, mentre nelle scuole i bambini sono aiutati a raggiungere un migliore stato attentivo e bilanciare gli impulsi alla iperattività.
Le acquisite capacità di trasformazione e di sviluppo derivanti da pratiche contemplative , unite all'ondata innovativa portata dalla tecnologia invisibile, e sulle basi di un progresso più sostenibile e responsabile, stanno cambiando l'identità di essere umano, il quale sente la necessità di comprendere e definire meglio la sua individualità al fine di poterla meglio controllare.
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Una nuova routine giornaliera - immagine di Giuseppina Ascione |
Gli effetti benefici della contemplazione in ogni aspetto della nostra vita sta per arricchire la nostra routine quotidiana e diventare una attività fondamentale come il mangiare ed il dormire. Ciò significa che l’intero programma e paradigma progettuale va rivisitato per poter affrontare la nuova complessità. Le variabili di riferimento per questo cambiamento sono diverse ed interagenti: le diverse aspettative performative, i diversi background culturali, i relativi profili psicologici individuali vanno tutti coordinati con la scelta tra le diverse pratiche contemplative di riposta ad ogni singolo caso.
Giuseppina Ascione
Note 1: "Brain Landscape. The Coexistance of Neuroscience and Architecture" John Paul Eberhard, Oxford 2009
(*) puoi leggere lo stesso articolo anche su www.neuroarchitectura.com . Il blog sta lentamente traslocando
(*) puoi leggere lo stesso articolo anche su www.neuroarchitectura.com . Il blog sta lentamente traslocando
Contemplative Spaces: towards a new design approach (*)
www.neuroarchitectura.com . The blog is slowly moving there
giovedì 28 aprile 2016
"Floating" break: 20 minuti di ricarica.
Le nuove conoscenze acquisite in campo neurofisiologico hanno aperto la strada ad un modo tutto nuovo di concepire la cura di se stessi, intesa ormai non solo al miglioramento delle qualità estetiche e delle performance fisiche. L'Edonismo degli anni '80 è ormai lontanissimo e la celebrazione della bellezza fine a se stessa batte gli ultimi colpi, poiché sembra essere assorbita all'interno di una nuova visione della cura del sé, quella che mira soprattutto allo empowerment, cioè ad un miglioramento delle proprie capacità emotive e cognitive. Attualmente l'uomo è alla ricerca di un equilibrio interiore, di un'approccio integrato per la risoluzione delle situazioni stressanti, e di conseguenza luoghi come le spa, le palestre ed i centri estetici di vecchia concezione vedono una nuova opportunità di trasformazione e sviluppo futuri.
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Foto di Francesco Moretti |
Si tratta di un fenomeno molto simile a quello che si sta verificando nel mondo della progettazione architettonica, dove i facili consensi per le forme libere e trasgressive delle archi-star lasciano il posto al crescente apprezzamento verso una nuova funzionalità, che pone il benessere psicologico e fisico dell'occupante al primo posto rispetto ai virtuosismi di stile.
Assistiamo quindi ad una trasformazione dei servizi dedicati alla salute del corpo per l'adeguamento alla nuova utenza che riconosce l'imprescindibilità del benessere fisico da quello sociale, mentale e spirituale.
Questo spiega il successo del lancio, al Salone del Mobile 2016 , di un nuovo prodotto, che pur destinato alle Spa ed ai centri di Bellezza e Benessere tradizionali, si presenta come una integrazione di idee innovative tali da poter rivoluzionare l'organizzazione del quotidianità in diversi contesti.
Zero Body (prodotto da Starpool S.r.l.) è il nome di un lettino per il rilassamento sfrutta gli effetti benefici del galleggiamento legati alla deprivazione sensoriale e che sono ormai noti in letteratura scientifica. Negli Stati Uniti sono già numerosi i centri che offrono servizi simili a questo, ed ogni anno la città di Portland ospita la "Float Conference" per promuovere la pratica e favorire la formazione di una grande comunità fatta di ricercatori, produttori e gestori dei centri dedicati.
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjsQoc3ja8bfxKF6ZtNhwxRUzmgOXWrb-tQt4FO8vL0rTuIpDkxk-tBiw0_5d51mZADFJ8t17c4yZ-b3zdB8Ac58Jlifpr_Rg0tGbJRPMFZH4MPE5trJMYpu5X7luZtGIwxtmd68yRAp3kc/s320/zerobody-1.gif)
Il design è semplice ed essenziale: il materasso ad acqua è riempito in modo da neutralizzare al massimo la sensazione del proprio peso, per simulare appunto la sensazione di galleggiamento. Inoltre la differenza di temperatura tra il proprio corpo e l'elemento di appoggio viene quasi annullata per ridurre al minimo la percezione del proprio corpo e migliorare l'efficacia a livello neurofisiologico. Si evita pertanto il contatto diretto del corpo con l'acqua, con conseguente vantaggio di consentire questa pratica rilassante in diversi contesti, anche quelli lavorativi, in cui il fattore tempo è molto importante.
Non sottovalutiamo le conseguenze sociali che la tendenza di tale pratica potrebbe avere in futuro, specialmente se il servizio si apre indistintamente a tutti (si pensi ad uffici, edifici istituzionali, che mettano questo servizio a disposizione dello proprio organico). Si ritornerebbe al vecchio concetto delle terme romane. e cioè di luogo pubblico che offre a chiunque impianti igienico-sanitari di ultima generazione.
sabato 2 aprile 2016
Gaming Architecture for Neuroscience (ita)
Gamification* come soluzione per integrare le neuroscienze con le altre discipline architettoniche ?
La notizia della morte di Zaha Hadid che
giunge poco dopo la cancellazione del suo progetto per le Olimpiadi di Tokyo, e
dopo la dichiarazione del presidente cinese Xi Jinping sul non voler più
promuovere "architettura strana",credo segni la fine di un'era. Il
pragmatismo prenderà nuovamente piede e soppianterà la forza immaginativa e
innovativa liberata dalla rivoluzione digitale. Credo che le ambizioni in questo periodo siano (stati) molto positivi ed in una
certa misura siano riusciti ad inspirare le persone attraverso spazi
sorprendenti.
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Zaha Hadid - Terminal di Daxing (Immagine by Deezen) |
Ho condiviso questa ambizione. Quando lavoravo
al mia tesi di laurea ho manifestato
questa mia ingenua ambizione con le seguenti
parole: "Gli ambienti che creo saranno spazi del cambiamento, sedi di scoperte
scientifiche, luoghi in cui le persone si innamorano, luoghi dove grandi
organizzazioni nascono e imploranti cause vengono perorate. Voglio creare luoghi
dove le leggi di Newton sono insegnati agli Einstein del futuro e dove venga
celebrata la formula e = mc2".
Questa affermazione mi ricorda la call ambiziosa
di Giuseppina Ascione per un approccio equilibrato alla progettazione che
utilizza i principi umano-centrici della
progettazione (HCD).
Ora siedo in un posto dove è facile perdersi in minuzie
e dimenticare quelle che erano le mie
motivazioni originali.
La sovrapposizione tra neuroscienze e
l'architettura riapre adesso un piccolo scorcio sulla mia ambizione iniziale. Credo
che le questioni circa la logistica o la collaborazione neuroscienze/architettura
facciano ormai parte del pensiero di professionisti e studiosi di tutto il
mondo e rendano possibile raggiungere tale
traguardo.
Spesso si verifica che più sono gli esperti
coinvolti in un processo , più questo diventa inefficiente. Eppure,
essendo io amante della complessità, immagino che il cliente perfetto sia
quello disposto a riunire gli esperti di molte discipline, per cogliere le diverse
sfumature e raggiungere la magnificenza: gli UX designer, gli ingegneri
ergonomici, i designer industriali, gli storici, i pianificatori, gli urbanisti,
gli artisti, gli esperti di Feng Shui, i neurofisiologi, ecc..
Tuttavia una tale complessità richiederebbe un enorme sforzo da parte della burocrazia governativa per potere stare al passo. Facilmente ci si troverebbe di fronte a progetti senza fine, o che non realizzano fedelmente le idee iniziali, ( eventualmente con un aumento del loro costo). Un approccio diverso potrebbe essere proposto attraverso una sorta di gamification(1) ed un’analisi dei problemi che si svolga attraverso un confronto alla pari tra diversi attori . Può la gamification essere una soluzione progettuale che ci permette di integrare le neuroscienze nelle discipline del design ?
La gamification presenta in sé implicazioni neurologiche che possono favorire e aumentare la produttività tra soggetti e dei soggetti. Un articolo dal Pew Research Center di Anderson e Rainie del 2012 racconta: "… i neuroscienziati stanno scoprendo sempre di più sui modi in cui gli esseri umani reagiscono a tali metodi di design interattivo. Si dice che tali interazioni causino reazioni chimiche che ci fanno sentire bene e alterano le nostre risposte agli stimoli migliorando i tempi di reazione, per esempio, e in certe situazioni addirittura l'apprendimento, la partecipazione e la motivazione".
Questo migliora ulteriormente
la nostra possibilità di includere esperti nel processo di progettazione.
Considerate la scoperta, da parte di ricercatori
presso l'Università di Washington, così come riporta il lor articolo: "una
ricerca crowd-sourced ha svelato il mistero di come una proteina chiave può
aiutare a curare l'HIV. Il gioco ha attirato 46.000 partecipanti che hanno
impiegato solo 10 giorni per risolvere un problema che gli scienziati stavano studiando da 15 anni.". Aggregare diverse competenze in una rete peer-to-peer(2) consente di ben ponderare il problema e di giungere ad
una soluzione con maggiore 'efficienza e sulla base di maggiori informazioni.
Questo può diventare un ottimo strumento per aprire la partecipazione a molti e consentire il contributo da parte delle migliori competenze in campo progettuale. Esistono già esempi che adottano questo metodo soprattutto nel settore dell'ingegneria con squadre basate sul crowdsourcing che stanno affrontando sfide sempre più grandi. Non mancano esempi anche all'interno della comunità dei designer : organizzazioni come Architecture for Humanity oppure la neonata Open Architecture Collaborative rappresentano un sistema di esperti basato sul peer to peer. Il passo successivo sarà quello di coinvolgere le comunità interdisciplinari per affrontare sfide di progettazione in modo iterativo che possano venire fuori con proposte risolutive prima inconcepibili.
In conclusione possiamo pensare di riconsiderare tutte le problematiche legate alla progettazione che in questi ultimi due millenni hanno atteso di avere risposte, e che alla luce di queste nuove metodologie, quali appunto il gamification ed il peer-to-peer”, possiamo finalmente concepire una progettazione architettonica integrata, capace di riunire tutte le competenze nuove, neuro scientifiche e non solo, necessarie per creare spazi di qualità.
Ralph S. Steenblik
NOTE:
(*)(1) l'utilizzo di elementi mutuati dai giochi e delle tecniche di game design in contesti esterni ai giochiper diffondere informazioni (educare- promuovere)(2) Rete di partecipazione e condivisione dati di ricerca di tipo paritario, non gerarchizzato
venerdì 1 aprile 2016
Gaming Architecture for Neuroscience (en)
Can gamification be a design solution that allows us to integrate neuroscience into the design disciplines?
by R.S.Steenblik
With the death of Zaha Hadid,
her canceled proposal for the Tokyo Olympics, and the announcement by Chinese president Xi Jinping of “no more weird
architecture”, I believe we are at the end of an era. Pragmatism is regaining
its footing after the digital revolution has allowed imaginations and buildings
to run wild. I believe that there were good ambitions at the heart of such an
era. To some degree those ambitions were successful in accomplishing at least
part of what it set out to accomplish: inspire people through amazing spaces.
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Image by Deezen |
Often, the more experts that
are involved the more inefficient the process becomes. Yet as a person who
appreciates complexity, I imagine the perfect client who would be willing to
bring experts on from many disciplines to capture the nuances from each
background to achieve magnificence: All the standard architectural consultants
plus and UX designer, human dynamics engineer, ergonomics engineer, industrial
designer, Historian, Artists, Neuro/physiological expert, Data scientist, Urban
Planner, Feng Shui expert, cyclical ecologist, etc.
Yet such an accumulation might
infer that a government agency with all of its bureaucratic processes would
have to be behind it. It could easily become a never ending project that
doesn't actually do what you had hoped (or possibly at an inflated cost).
Another approach might be presenting itself through gamification and peer to
peer problem solving. Can gamification be a design solution that allows us to
integrate neuroscience into the design disciplines?
Gamification itself has
neurological implications which may encourage and escalate human and interhuman
productivity. A 2012 article from the Pew Research Center by Anderson and
Rainie describes “neuroscientists are discovering more and more about the ways
in which humans react to such interactive design elements. They say such
elements can cause feel-good chemical reactions, alter human responses to
stimuli—increasing reaction times, for instance—and in certain situations can
improve learning, participation, and motivation.” This further enhances
our ability to incorporate experts into the design process.
In conclusion, there are twenty-first century solutions to allowing an increased level of integrated problem-solving with a diversifying set of experts. Gamification and peer to peer solutions are among those which I believe hold the most promise for an integration neuroscience and other novel experts within the realm of architecture.
Ralph S.Steenblik
lunedì 14 marzo 2016
Una risposta per Gropius: There will be a science of Design (*)
C'è un frenetico turbinio di iniziative sul tema del design e
sulla linea di sviluppo che esso dovrà percorrere. Conferenze, eventi celebrativi e bandi di gara si propongo quasi in simultanea e spesso ignorandosi fra di loro: essi provocano una sorta di dispersione energetica
che a volte intralcia la collaborazione tra le diverse discipline, o tra i vari gruppi
di lavoro interdisciplinari, forse perché si lavora per
evidenziare i punti di divergenza piuttosto che quelli di contatto, forse perchè c'è ancora confusione su quali debbano essere i riferimenti scientifici.
Tra gli appuntamenti del primo semestre di quest'anno troviamo Londra, dove si è da poco conclusa Conscious Cities, mentre a San Diego l'ANFA apre a nuovi studi di ricerca da presentare alla International Conference del prossimo settembre. Seattle sarà presto sede di una summit che sigilla un connubio tra il Living
Building Challenge e l'istituto di ricerca Terrapin, baluardo del design biofilico, proprio mentre Rick Fedrizzi, forse cosciente dei limiti che i crediti LEED presentano sulla salvaguardia del benessere dell'utenza, apre le porte al WELL Building Standard.
Esistono poi altre iniziative di ricerca globale e trasversale, quale il
progetto di neuroarchitettura ROOMS (lo IUAV tra i suoi principali partners) che cerca di superare
gli ostacoli economici e burocratici di una partecipazione aperta a tutti ricorrendo ad un modello originale di crowdfunding.
Quello che emerge da questo fenomeno è la necessità di effettuare un cambio
di marcia nel mondo della progettazione e dello stesso modo di fare ricerca. Quest'ultima non è più prerogativa
unica delle accademie, ma inizia ad essere fagocitata dal mondo imprenditoriale e dal suo appetito per investimenti intelligenti che abbiano fini
"etici" piuttosto che puramente di profitto. La ricerca è
disorientata e allo stesso tempo crea disorientamento in coloro che finora hanno trovato un riferimento fermo e sicuro.
Le università hanno capito bene
che aria tira e, pur cercando di adeguarsi, procedono con andatura da elefante per il timore di
contaminarsi e perdere la propria identità e purezza.
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Journal of Design And Science |
Ed ecco che arriva l'onda rivoluzionaria, in realtà già in atto da
qualche anno, attualmente cavalcata dal MIT di Boston con il suo"
Journal Of Design and Science" (fondato già nel 1985), con l'idea di
cambiare radicalmente il modo di legittimare la ricerca. Un 'apertura
più democratica al confronto scientifico che si basa sul "peer to peer review",
cioè che si svincola dall'analisi lenta e cattedratica degli anonimi revisori nominati di
volta in volta (peer review), ma si espone alle modifiche di chiunque creda di avere qualcosa di interessante
da dire.
C'è il rischio di una banalizzazione dei problemi affrontati, oppure siamo
di fronte l'opportunità di ascoltare validi
opinioni da chi è rimasto tagliato fuori
dal confronto a causa di un sistema arrugginito e anche , a volte,
corrotto ?
Nel campo del design (dando per scontato che si tratti già di
progettazione sostenibile e umano-centrica), tale atteggiamento inclusivo è
assolutamente necessario oltre che auspicabile. Un "antidisciplinarità" contro la
interdisciplinarità, per usare le stesse parole di Jui Ito, direttore del MIT Media Lab, può essere la giusta via per poter coinvolgere
simultaneamente attori importanti di
diversa estrazione culturale, i quali finalmente uscirebbero dall'ombra della critica
sterile o dell'intervento postumo e per questo vano. Perché mai escludere categorie
che sappiamo bene essere importanti contribuenti nella modellazione e caratterizzazione
dei nostri ambienti quali gli psicologi, filosofi, artisti ?
NOTE:
(*) Si fa riferimento al post di gennaio
Finally Gropius will get an answer: (*) Yes, There is a science of design!
There is a frantic activity going on over new guidelines to design quality buildings and urban spaces. Events, conferences, grants are arranged almost simultaneously and often ignoring each other, causing a kind of energy loss that sometimes hinders the collaboration between different disciplines or between interdisciplinary teams. It seems they tend to highlight diverging points instead of take advatage of the common fields, maybe because there is still confusion about which scientific references should be engaged.
Just in the first half of this year there are London, where he has just finished Conscious Cities, San Diego, where the ANFA opens to new research studies to be presented at its International Conference next September. Seattle will soon be home of a summit that seals a marriage between Living Building Challenge and the research institute Terrapin, center of Biophilic Design, and in the meanwhile Rick Fedrizzi, perhaps conscious of the limits that LEED credits may have over occupant's wellness within a buiding, opens the door to the WELL Building Standard.
There are also other research initiatives, among which the neuroarchitecture research "ROOMS" (IUAV among its main partners), that may be considered a "global" and "diagonal" initiative . Rooms tries to overcome economic and bureaucratic obstacles through an original model of crowdfunding that allows everybody (designers and users) to be involved in the investigation.
What emerges from this phenomenon is the need to perform a change of gear in the world of design and its own way of doing research. Research no longer dwell within the walls of Accademy, but begins to be swallowed up by the business world and its appetite for smart investments, whose purpose is "ethical" rather than purely about profit. It is disoriented, and at the same time creates disorientation in those who have so far considered it a firm and safe reference in research. Universities have got the feeling of a new wave coming, although most of them, expecially in Europe, are trying to adapt and proceed with elephantine pace, worried of contamination and identity change.
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Journal of Design and Science |
Very breaking news are those about the the MIT media "Journal Of Design and Science" who have announced to engage a radical new way to lead and legitimize research - actually already adopted by other minor journals- through a more democratic framework that is based on the "pier to pier review". This framework bypasses the traditional, anonimous and slow procedure (peer review) and opens to anyone who believes having something interesting to say.
Is there a risk for trivialization of the problem, or are we facing the opportunity to give voice to whom has been cut off from the dialogue due to dated and obsolete system?
Is there a risk for trivialization of the problem, or are we facing the opportunity to give voice to whom has been cut off from the dialogue due to dated and obsolete system?
This inclusive attitude in the design research (we give for granted an estabilished sustainable/human-centered design), is required and absolutely beneficial. A "antidisciplinarity" against interdisciplinarity, just to quote Jui Ito, director of the MIT Media Lab, can be the right answer to involve key actors from different cultural backgrounds, who finally can show up and leave behind their sterile criticism of posthumous and useless interventions.
Why should we exclude categories that we know having an important role in modeling our environments, such as psychologists, philosophers, artists ?
Giuseppina Ascione
NOTE:
(*) It refers to a previous post ( italian only)
venerdì 4 marzo 2016
Verde o Blu: che colore ha la nostra anima?
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Foto di Nicola De Pisapia |
Ma quando si cerca di spiegare il perché di questa nostra propensione, l'unica risposta ci viene fornita dall'ipotesi biofilica. Tale ipotesi, che rimane tale, parte dal concetto che gli esseri umani siano geneticamente predisposti a sentirsi affiliati alla natura perché è in essa che si sono evoluti nel lungo tempo trascorso dalla loro comparsa. Gli ultimi 10.000 anni di progresso civile, con conseguente antropizzazione dell'habitat, nulla possono contro l'influenza dominante dei milioni di anni vissuti da semplice animale superiore in continua lotta per la sopravvivenza.
Anche quando i ricercatori hanno messo a confronto i ruoli che hanno i diversi tipi di capitale (umano, sociale, materiale e naturale) sulla valutazione del proprio livello di benessere, ne è risultato che è sempre il capitale naturale a vincere su tutti.
Ma qual è l'ambiente naturale a cui si fa riferimento ? Inaspettatamente, nonostante "green" sia l'appellativo più usato per le diverse iniziative ambientaliste ed ecosostenibili, il paesaggio acquatico vince alla grande il confronto con il paesaggio verde dei boschi o delle praterie.
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Copertina libro |
Il mare, ma anche i laghi ed i fiumi, ci offrono occasioni di interazione che coinvolgono tutti i nostri sensi: l'effetto "sparkling" dei riflessi dell'acqua in movimento, il rumore "rosa" delle onde, la possibilità di toccare l'acqua e rinfrescarsi, l'assenza/presenza di odori e sapori, ci pongono di fronte ad una esperienza ricca come nessun'altra.
Un tuffo nell'acqua ci dà la possibilità di vivere l'elemento da ogni punto di vista - da sopra e da sotto - e, soprattutto, cambia la percezione del nostro corpo e del suo peso. Infine, più importante di tutti, lo specchio d'acqua ci restituisce la luce blu del cielo, elemento fondamentale per il corretto funzionamento del nostro metabolismo.
La multisensorialità è un aspetto importantissimo della nostra vita: ogni esperienza è un orchestra di sollecitazioni dei diversi sensi, anche quando non ce ne accorgiamo. Sarebbe difficile avere una giusta ed identica percezione di un fenomeno se improvvisamente venisse a mancarci un senso. Il grado di piacevolezza di una situazione mentale e fisica non dipende solo dalla qualità delle sollecitazioni, ma soprattutto dalla loro armonia e dalla ricchezza del coinvolgimento sensoriale: in questo l'acqua ci offre un'esperienza unica.
L'associazione dell'acqua al colore blu fa sì poi che la preferenza ricada anche su questo colore piuttosto che su quello verde "concorrente". Gli uomini tutti, sia di genere maschile che femminile, preferiscono il colore blu, anche se esso è raramente presente in natura viva: sono pochi i fiori blu, specialmente se si esclude la sfumatura del violetto, e tra gli animali si contano per lo più farfalle e qualche uccello.
Nonostante il colore blu possa a volte assumere un significato macabro, poichè collegato all'idea di un corpo senza vita, è l'idea di bello, pulito e calmo, strettamente collegato all'acqua, ad essergli generalmente attribuita.
Guai, però, a tradire quest'aspettativa: l'acqua deve essere blu, o al massimo avvicinarsi ad alcune gradazioni di verde, e mai presentare rifiuti o altre tracce di inquinamento. Gli effetti negativi a livello psicologico sarebbero enormi, poichè verrebbero annullati, se non ribaltati, gli effetti rigeneranti che i paesaggi d'acqua generalmente offrono.(1)
Ma questo, si sa, vale anche in molti altri casi.
Giuseppina Ascione
Giuseppina Ascione
NOTE
(1) K. J. Wyles, S. Pahl, K.Thomas, R.C. Thompson
Factors That Can Undermine the Psychological Benefits of Coastal Environments. Exploring the Effect of Tidal State, Presence, and Type of Litter. Environment and Behavior, July 3, 2015
venerdì 19 febbraio 2016
Come saranno le scuole di domani?
Un articolo di Wired di circa un anno fa riportava un dato poco incoraggiante sulle scuole italiane: infatti, secondo un sondaggio presentato dalla OCSE, gli studenti italiani risultano tra i più infelici in Europa, e non solo per gli scarsi risultati didattici, ma anche per gli indici di scarsa motivazione e per l'alta percentuale di casi di abbandono.
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Tipica aula degli anni '50 e '60-. |
Le ragioni di questo insuccesso sono molteplici e se si crede che miglioramenti in campo architettonico, quali quelli legati alle migliorie tecnologiche (controllo acustico, termo-igrometrico, ecc.) o quello legato all'eco-sostenibilità, possano essere sufficienti a fornire una risposta soddisfacente alla esigenza di cambiamento, si sta navigando ancora in acque alte.
Ciò che viene principalmente messo sotto accusa è il modello pedagogico :il metodo della lezione frontale è definitamente morto ed è necessaria una rivoluzione delle configurazioni spaziali. Qualora venissero proposte nuove aule tecnologiche e digitalizzate per una scolaresca omogenea di circa 20 ragazzi, i risultati sul rendimento non sarebbero migliori. Flessibilità, mobilità, adattabilità sono le nuove parole d'ordine e questo non solo per rispondere alla "diversità" del processo cognitivo, ma anche all'individualità dello sviluppo emozionale.
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Sedute per ragazzi affetti da ADHD - designer Lior Ben-Sheetrit - Photo by Roi Mizrahi/Xnet |
Fondamentale a questo riguardo è anche l'elemento luce, la cui efficienza fotonica assume un ruolo secondario rispetto a quella circadiana. Se è vero che l'uomo è un orologio biologico che funziona al meglio quando i ritmi della sua giornata seguono l'evoluzione della luce naturale, questo implica che l'organizzazione delle attività didattiche tengano conto di questo.
L'essere umano è predisposto all'attenzione e alla concentrazione nelle ore mattutine , quando la luce passa dal giallo al blu (che solo il cielo ci offre in modo adeguato), ed affronta l'esercizio fisico in modo ottimale con la luce pomeridiana. Esperimenti scientifici provano che un distacco da questo ritmo può causare depressione e addirittura malattie irreversibili: come non tenere conto di questo aspetto quando si deve progettare un'edificio della formazione?
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Fondamentale la Ricreazione all'aperto. |
Fornire ai ragazzi un supporto allo sviluppo delle capacità cognitive, percettive ed emotive è prioritario rispetto al nozionismo puro; è veramente strano come questa logica sia ben applicata al protocollo delle scuole della prima infanzia e dell'età prescolare, per poi essere bruscamente interrotta per le fasi scolari successive. I bambini, almeno quelli più fortunati che hanno potuto frequentare la scuola dai primi anni di vita, vengono improvvisamente catapultati, all'età di sei anni, da una ambientazione attenta ai processi interattivi, ad una asettica scatola rettangolare che, nel migliore dei casi, risulta dotata di una "inorgogliente" lavagna multimediale. Eppure è ben risaputo che lo sviluppo di molte facoltà mentali, oltre che fisiche, si conclude solo con l'adolescenza (per esempio lo sviluppo del senso dell'orientamento si conclude a 12 anni).
Insomma, progettare una scuola oggi rappresenta una vera e propria sfida sia per la ricchezza dell'agenda, sia per l'interdisciplinarità delle competenze da coinvolgere, sia per il continuo e progressivo aggiornamento della letteratura di riferimento, cose che rendono impossibile l'adozione di uno schema o modello già esistente.
Il concorso di idee che il Ministero dell'Istruzione bandirà a breve, attraverso un fondo apposito messo a disposizione da Inail, sembra interpretare questa nuova esigenza di realizzare innovativi ambienti di apprendimento: speriamo che gli architetti accetteranno la sfida e dimostreranno di essere all'altezza.
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